domenica 16 novembre 2008

Ministro Gelmini, che pena

L'unica risposta che so darmi alla domanda "ma perché all'Istruzione e all'Università mettono sempre ministri di così poco spessore?" è che così essi si limiteranno ad avallare le decisioni di altri. La Gelmini, se non è stupida, cosa che non so dire, l'avrà capito benissimo, ma le conviene fingere lo stesso. Un posto di ministro fa gola ad una trentacinquenne principiante di politica, e non solo di quello.

Parliamo dell'ultima uscita di questa autodichiaratasi pasdaran della qualità della ricerca e della lotta ai baroni. Cito dal sito de La Repubblica:

Fra gli obiettivi della riforma c'è quello di cancellare "l'ideologia dell'egualitarismo": "Vogliamo cancellare dalla scuola e dall'università l'ideologia dell'egualitarismo, del 18 o del 6 politico a tutti, e lo vogliamo fare perché abbiamo fiducia nelle persone".


Ora, chiunque ne sappia un minimo di università è al corrente del fatto che se in Italia c'è un problema, non è quello del 18 politico, ma al contrario dell'elevato numero di abbandoni. Nelle facoltà di Ingegneria si sfiora il 50% e non è che chi come me è dall'altra parte della cattedra si diverta un granché, a bocciare. Perché bocciare uno studente significa fargli l'esame due o più volte.

No, cara ministra, quell'aria di santarellina non basta per convincermi delle tue bugie. Confessa che anziché spender soldi per l'Università il tuo governo preferisce elargire regalie agli autotrasportatori, agli amichetti dell'Alitalia o cancellare l'ICI per le case degli abbienti. Non sono esempi ipotetici, ma autentici denari dirottati dalle casse degli atenei verso quelle destinazioni dal precedente e dall'attuale governo. L'ICI poi: pagavo 140€, una briciola in confronto ai 20.000 di IRPEF. In cambio, avrei continuato volentieri a pagare quella tassa. Tanto più che i soldi andavano al mio comune. Ma sto divagando. Dì, cara Gelmini, che secondo il tuo miope governo ogni altro possibile impiego per il denaro pubblico è meglio che darlo all'Università. Ammettilo. Guadagnerai un simpatizzante.

mercoledì 5 novembre 2008

Università e baroni

Di Università, in questi tempi, è piena la rete. Così mi sento esonerato dall'obbligo di spiegare se e cosa c'è che non va nell'azione del governo in carica. Lo fanno meglio di me insigni studiosi, ottimi giornalisti, persino Nature definisce "suicidi" i provvedimenti presi.

Così, mi sento autorizzato a esprimere solo il mio stato d'animo, che è di grande amarezza.

Non ho votato il governo Berlusconi. Tuttavia riconosco che esso esprime la posizione e le idee di gran parte degli italiani. Esprime l'opposizione, a volte più che giustificata, all'arroganza, all'inefficienza, all'autoreferenzialità di molte strutture pubbliche, ministeri, scuole, magistratura, università appunto. Fin qui li capisco. Ma quello che proprio non capisco è la sensazione di rivalsa, quasi di liberazione, che fin troppo evidentemente traspare dalla loro stampa di fronte allo strangolamento dell'Università pubblica. Di fronte a norme che possono un pochino disturbare i "baroni" e le consorterie che gestiscono i corsi di laurea con un solo studente, forse, ma che certamente mettono in ginocchio i corsi di laurea che di studenti ne hanno trecento e gli studiosi che non hanno altri fondi cui attingere per la ricerca se non quelli pubblici. A volte penso che questa gente non sarebbe affatto turbata se le chiudessero proprio, le Università. Ma bisogna dir loro che sono come quel marito che per fare dispetto alla moglie si tagliò i coglioni.

Allora, diciamolo chiaramente: l'Università non è dei baroni o dei comunisti. E' di tutti. Danneggiarla è come disboscare. Significa porre le premesse per un'ulteriore arretramento del nostro Paese. Non bisogna tagliare fondi alle Università: bisogna aumentarli.

Se poi riusciranno a licenziare i fancazzisti e a tagliare i rami secchi io, che spesso accendo la luce nel mio corridoio la mattina e la sera la spengo, sarò felice. E con me la maggior parte dei docenti universitari.