sabato 15 settembre 2007
Come Tremonti bombardò l'Iraq
Recentemente ho avuto il fegato di guardare per intero (anzi un po' di più, come vado a raccontare) una trasmissione di Maria Latella in cui il nostro era ospite. Tralasciamo l'atteggiamento con cui non rispondeva alle domande, cogliendole semplicemente come pretesto per fare il comizio di mezz'ora che si era preparato (d'altronde, è un allievo del Cavaliere); tralasciamo pure l'irosa maleducazione con la quale dava sulla voce alla conduttrice che voleva ricondurre nei binari la trasmissione. La chicca è stata il dialogo con l'esperto economico (un professore di Firenze del quale mi spiace di non ricordare il nome), che ha pacatamente demolito le sue capziose contestazioni alle dichiarazioni di Prodi sull'economia. Tremonti gli ha attribuito delle affermazioni che l'esperto non ha fatto (il bilancio non si può risanare se prima non si rilancia l'economia, mentre l'esperto diceva proprio il contrario, l'economia non si può rilanciare se prima non si rimettono a posto i conti). Allora lo spocchioso ha detto "rivediamoci la cassetta della trasmissione", intendendo dire: ti sfido, le cose sono andate come dico io. Tremonti, però, non sa che su Sky le trasmissioni vengono rimandate più volte ciclicamente, come in questo caso, e naturalmente, con un po' di pazienza, ho verificato che aveva torto (non che ne dubitassi).
Simpatica anche la chicca sul nucleare. Latella gli chiede cosa lui votò al referendum sul nucleare del 1987. Figuriamoci: era nel PSI insieme a De Michelis che si schierò demagogicamente e compattamente contro il nucleare (a proposito, concittadini: non vorremo fare con gli OGM le stesse caxxate che a suo tempo facemmo con il nucleare?). Quindi mi gioco 100 euro contro un bottone che votò contro. Risposta furbesca: "io sono per il nucleare".
Me lo ricordo, nel 2001, quando avevo ancora qualche fiducia nel sedicente guru dell'economia. Arrivò fresco fresco nella stanza del ministero (c'era già stato, va bene, ma per poco) promettendo il boom economico. Queste mie stesse orecchie sentirono la dichiarazione seguente, davanti alla scrivania di Quintino Sella: "Se entro il 2003 [sull'anno posso sbagliare un pochino ndr] il bilancio statale non sarà in pareggio, io non siederò più a questa scrivania".
Cosa successe poi, lo sanno tutti. Non ci fu alcun boom e anziché giungere al pareggio, il deficit a fine legislatura fu a punte da bancarotta. Già il giorno dopo aver preso servizio come ministro cominciò a spiegarci con un piagnisteo interminabile che le cose andavano male per la concorrenza della Cina, per l'enorme debito pubblico, per il "buco" nei conti lasciato dai comunisti. Ma, almeno le prime due realtà, non le doveva conoscere già da prima, essendo un mago dell'economia? Poi arrivò l'undici settembre, altra comoda scusa per non tenere in ordine i conti.
Io sono financo convinto che senza Tremonti non ci sarebbe stata la deleteria guerra in Iraq. Seguitemi: senza l'appoggio italiano, la posizione contraria dell'europa continentale, con i suoi paesi principali, Italia, Francia, Germania, avrebbe avuto forse sufficiente peso per isolare coloro che volevano attaccare l'Iraq: infatti, tale attacco sarebbe apparso così arbitrario da dissuadere perfino il guerrafondaio Bush. Invece, con il governo Berlusconi l'Italia preferì l'alleanza con gli USA a quella con i vicini paesi europei. In definitiva, la guerra in Iraq si può far risalire all'antieuropeismo dell'Italia. Ma perché l'Italia sotto Berlusconi era antieuropea? Perché l'Europa era vista come un avversario che si opponeva alla finanza creativa (creatrice di condoni e di deficit) messa in atto da Tremonti. Quindi da Tremonti si arriva, passando per i conti truccati, l'antieuropeismo, il filoamericanismo, alla guerra.
Capisco che il mio giudizio può esser influenzato dalla mia antipatia nei confronti di questo presuntuoso polemista dispensatore di condoni. Purtroppo nella storia non si possono avere controprove.
venerdì 4 maggio 2007
eBay o e-merd?
1) trovo l'asta che mi interessa e la vinco.
2) sulle modalità di pagamento la prima sorpresa: il venditore vuole il feedback positivo PRIMA di inviare l'oggetto, se la merce non è spedita per raccomandata. Strano: su tutte le pagine di e-merd viene sbandierata la loro attenzione per la correttezza, ma tanto attenti non sono, visto che oltre a questo ci sono decine di annunci che sostengono di regalarti 100 euro in cambio di 30. Comunque scelgo la raccomandata.
3) Decido di scegliere il pagamento via PayPal, visto che e-merd (che possiede PayPal) assicura che i pagamenti con PayPal sono privi di commissioni aggiuntive. Intanto però devo anticipare 1,50 euri per poter diventare utente verificato (restituibili in futuro). Eh sì, la sicurezza si paga, ma con e-merd che vigila sui miei acquisti posso dormire sonni tranquilli!
4) Ora pago. Infiniti form, sì lo so, me l'hai già scritto 100 volte che il prezzo è di 11 euri e rotti, mi si romperà il mouse a forza di premere OK. Eccoci finalmente all'ultima schermata, ma... cosa c'è scritto adesso? Commissione 5%!!! Siccome tra asta e registrazione PayPal ho perso due ore (facevo prima ad andare in centro), la somma è esigua, insomma...pago.
5) Pago ma protesto. Non è tanto per l'importo che ho pagato in più, ma se avessi saputo di dover pagare delle commissioni aggiuntive per usare PayPal non avrei perso il tempo di registrarmi. PayPal mi risponde che loro sconsigliano i venditori di applicare commissioni. Sconsigliano??? Brutti str... pubblicizzate in tutti i modi che le commissioni NON CI SONO, NON CHE SONO SCONSIGLIATE!!!!
6) Tento di protestare anche sul forum di e-merd, ma... il venditore si è incazzato del mio feedback, ha fatto ripicca, sono a -1 e quindi sono escluso dal forum e... non posso protestare.
7) Chiudo immediatamente l'account di PayPal, che naturalmente non ci pensa nemmeno a restituirmi gli 1,50 euri.
Conclusione: ho pagato 50% più del dovuto. Nel frattempo vengo a sapere che se vuoi vendere qualcosa deve fare prima un po' di false vendite per via del feedback. Gli annunci palesemente truffaldini rimangono. Insomma, e-merd è rigorosa solo quando chiede soldi.
A me queste grandi aziende, che siano di e-marketing piuttosto che di telefonia non importa, che fondano le loro ricchezze con il metodo di fregare pochi spiccioli ma sistematicamente e subdolamente, fanno vomitare. Ciò mi convince sempre di più che è meglio andare al negozietto sotto casa, probabilmente ci troverò qualcuno simpatico.
Boicottate e-merd!!!
Aggiornamento (16/5/07): Siccome tempo fa e-bay mi scrisse di avermi sospeso l'account per esser "sospettato" di aver fatto una doppia registrazione (cosa non vera), risposi con una letteraccia dicendo di chiudere pure il mio account (l'unico) e pari letteraccia a PayPal per chiedere, con 18 mesi di ritardo, la restituzione di 1,50€. Ebbene, udite udite! Me li hanno ridati. Tanto dovevo per rendere onore al vero.
venerdì 6 aprile 2007
Sandro
Ho conosciuto Sandro da studente, durante il corso di Geometria 2. Il titolare dell’insegnamento era Giuseppe T., coadiuvato da Antonella V. e, appunto, Sandro. Lui insegnava la parte di quadriche, svolta con approccio “grafico” e un gusto tutto talliniano per la materia. Con Paolo B. lo canzonavamo un po’ per la sua erre moscia, diciamo, anzi, erre inesistente, chiedendoci cosa fossero mai le “ette” di cui parlava a lezione. Mi colpì molto, quando feci una domanda relativa ad un’affermazione non sufficientemente dimostrata, che si fermasse un minuto o anche più a riflettere, dando poi una risposta precisa ed esauriente. Lo presi come dimostrazione, oltre che di competenza, di serietà e onestà intellettuale. Dopo la laurea i nostri contatti si intensificarono e lui faceva un po’ da mediatore con T., anche nel senso di infondermi fiducia e speranza su ciò su cui T. non avrebbe potuto prendere impegni: la possibilità, prima o poi, di ottenere un posto di ruolo all'università. Rimasi stupito perché in occasione di uno dei primi lavori, del quale avevamo parlato a tre, lui insisté, visto che il principale contributo era il mio, affinché l’articolo uscisse solo a un nome.
Si può avere un buon ricordo di una faticaccia immane come un’affollata sessione di esami a Ingegneria? Per quanto mi riguarda, sì. Mi chiese di aiutarlo un paio di volte a L’Aquila. Si facevano gli scritti la mattina e gli orali il pomeriggio! Cominciai a correggere gli elaborati al ritmo di un quarto d’ora l’uno e se ne disse insoddisfatto. Dimezzai il tempo, non andava ancora bene. Piano piano, anche se forse non converrebbe divulgare certi dettagli, arrivai a due minuti, ma lui fece pressione perché andassi ancora più veloce. Durante gli orali, seguiva la convenzione di Lombardo Radice: quando riteneva fosse il momento, vistava il foglio dell’orale che io stavo facendo con la sigla “LLR” (Lucio Lombardo Radice, appunto, anche se lui non si chiamava mica così!) e in realtà si trattava di un messaggio in codice che voleva dire “ora basta, finisci l’esame e dai il voto”. Quando faccio esami, ancor oggi sfrutto i suoi insegnamenti di allora (a parte la sigla LLR). Fu sempre più critico con i commissari che con i candidati. Era attento a dettagli psicologici, come lasciar esaminare i ragazzi dalle donne e le ragazze dagli uomini: sosteneva che ciò mitigasse la severità del giudizio.
Il Sandro giovane non l’ho conosciuto. Mi raccontano che quando ritirava le 120.000 lire della sua prima borsa di studio, per un paio di giorni arrivava in istituto in taxi; dopodiché i soldi erano finiti e tornava a dipendere dalla mamma. Credo a questo racconto, perché rispecchia assolutamente il suo carattere. Quando ci conoscemmo meglio, scoprimmo di aver abitato a duecento metri di distanza e di aver avuto gli stessi insegnanti al liceo “Cavour”.
Il nostro rapporto è stato sempre asimmetrico; era lui a dirmi come si sta nel nostro ambiente; ma direi, spesso, anche come si sta al mondo. Questo certamente era inevitabile quando io ero un neolaureato. Ma è rimasto così anche dopo e se pure a un certo punto ho fatto un po’ di carriera e mi sono imposto a dargli del tu, il nostro rapporto ha mantenuto le connotazioni di relazione tra discepolo e maestro. Solo che a un certo punto gli insegnamenti non riguardavano più la matematica ma tante altre cose. La distanza che c’era all'inizio, e che lui manteneva per correttezza del suo ruolo, si mutò in confidenza; solo che, del tutto inusualmente, fu lui ad aprirsi, a non aver timore di confidarmi perfino i dettagli più intimi della sua vita privata.
Sandro conduceva una vita di eccessi, nel fumo, nell’alcool e anche in altro. Visto che come condotta di vita io mi trovo all’estremo opposto, la nostra amicizia, diciamo pure affetto, per quanto mi riguarda, sembrerebbe paradossale, eppure avevamo visioni del tutto vicine sul bene e sul male, sulla moralità che non riguarda tanto ciò che uno fa tra le lenzuola, quanto ad esempio come si comporta in una commissione di concorso. Forse era chiaro anche a lui che non sarebbe invecchiato. Mi disse che una volta giunto al cospetto di Dio, avrebbe desiderato chiedergli conto del male che sperimentiamo, del perché si deve soffrire e morire. Cinque minuti prima aveva esclamato: “Dio, come sono contento di essere nato!”. Eravamo alla pensione Shermin di Vienna. Come al solito, avevamo cenato ottimamente.
Gli devo molto per avermi comunicato delle gerarchie di valori ben precise. Per lui c’erano delle cose che contavano e le altre non contavano niente. Contava mangiar bene, si è detto. Ma contava essere corretti con gli altri e nel proprio lavoro. Trovate, se riuscite, un refuso nei suoi libri di testo. Trovate una parola data e non mantenuta. Non per niente alle ultime elezioni per una commissione di concorso, Sandro è stato il più votato, di gran lunga oltre le indicazioni di cordata. Perché lui era apprezzato per serietà, equilibrio e affidabilità. Tanto da essere eletto direttore di dipartimento contro la propria volontà e in presenza di altre candidature. Un direttore che ad una cena sociale preferiva sedersi con Oriana, la segretaria del dipartimento, e il marito, piuttosto che con i colleghi (infatti lo snobismo da “intellettuale” per lui era nella seconda categoria, quella delle cose che non contano niente).
Si atteggiava a cinico assoluto, a nichilista. Ma quando fu in una commissione di concorso e l’esito dipendeva in modo essenziale dalla sua decisione, la notte prima non dormì. Né tollerava l’idea del tradimento nella vita di coppia. Per non parlare della dedizione e dell’affetto con cui si è dedicato alle cure dell’anziana madre malata. Al punto che lei gli è sopravvissuta.
Per lui contava vivere fino in fondo il breve tempo della nostra vita. Una volta, infastidito da una conferenza durata ben oltre i limiti di tempo assegnati, avemmo una discussione, nella quale io sostenni che, suvvia, tutto sommato uno non dovrebbe essere così frenetico da innervosirsi per un quarto d’ora in più speso nell’ascoltare matematica. Lui rispose: “Non capisci che ogni minuto che perdo in questo modo è un minuto in meno che mi separa dalla morte”. E non sono passati nemmeno tre anni da quando lo disse.
E’ a Sandro che ho sempre chiesto consiglio sulle scelte importanti della mia vita, sulle posizioni da tenere in ambito accademico. Dirò di più: in certi momenti sono arrivato a chiedere a lui che cosa volere. E da quando non ho più potuto parlarci, se non so bene come comportarmi in una situazione di difficoltà, penso a cosa direbbe lui. Trovo sempre la risposta. Spesso risulta, a ragion veduta, quella giusta.
Sandro lascia un vuoto in me, e non è modo di dire. Ho perso per sempre un amico e un punto di riferimento insostituibili.
Ho conservato a lungo nel mio cellulare il seguente sms che mi spedì il 24 giugno 2004 alle 22.13:
"Shangri-la: pinot grigio livio felluga, pappardelle al capriccio di mare, moscardini fritti. Sono felice."
Avevo esordito dicendo che a Sandro sarebbe piaciuto essere ricordato dalle persone che gli hanno voluto bene, intorno a un buon piatto e un bicchiere di vino in uno di quei ristoranti dove invitava amici e conoscenti con la sua tipica, spontanea generosità. E per quanto mi riguarda credo proprio che lo farò.
martedì 27 marzo 2007
Dico/2
Soprattutto nulla, se non la generica enunciazione del principio di indipendenza che ho riportato nelle virgolette, proibisce ciò che sta avvenendo questi giorni e cioè che la Chiesa dica come devono votare i deputati cattolici. E questo non avveniva nemmeno ai tempi della DC. Ti rimpiangiamo un po', vecchia balena bianca!
domenica 11 marzo 2007
Ehi, Dico!
Chi gioca il ruolo dello struzzo oggi è la Chiesa, che confonde la realtà con i propri desideri. Se dipendesse dal Papa, oggi gli alberghi dovrebbero richiedere il certificato di matrimonio alle coppie giovani, prima di dar loro una stanza.
Ah, tornassero i bei tempi dell'unità d'Italia, quando il nostro giovane Paese seppe tenere a bada le ingerenze delle tonache. Per un po' di tempo, troppo poco tuttavia, la Chiesa se ne fece pure una ragione. Libera Chiesa in libero Stato.